La nascita degli Hilltoppers

La nascita degli Hilltoppers

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Penitenziario di Lewisburg Pensilvanya. Il Basket come scampolo di libertà e due leggende dei playground che si affrontano per far valere la loro legge.

Pee Wee Kirkland da Harlem vs Bob Morrell da Philadelphia.
Da questo one – o – one è nata la squadra di carcerati più forte di sempre: The Hilltoppers

Pee Wee era al centro del campo di basket del penitenziario di Lewisburg con accanto Jack, gli altri invece erano in piedi intorno a lui che formavano un cerchio.

– Qui nessuno chiede! Chi vuole parlare di sé parla quando vuole, queste sono le regole. Altra regola: io decido voi eseguite. Ultima regola: se qualcuno tenta di fuggire, prima lo ammazzo io e, fidatevi, ne sono capace.

Tutte le uniformi arancione e una bianca che si notava subito: il bianco per indicare un condannato a morte era un ironia che a Pee Wee piaceva poco. Dalle finestre della prigione arrivavano fischi ed insulti di qualsiasi tipo. Segno di protesta non troppo velata per il trattamento riservato ad alcuni e non a tutti. Per quanto si voglia essere riservati, in carcere, le voci circolavano e quella di un gruppo ristretto di uomini che si divertivano e uscivano solo per il Basket non era tardata a venir fuori. Il più bersagliato era proprio Pee Wee che aveva scelto personalmente ogni elemento del gruppo.

Richard Kirkland 098547

Jack Molinas 098471

Richard Robertson 098212

Joseph Jordan 200914

Leonard Fowler 175021

Youri Petrov 175221

Steve Parkins 132871

Thomas Peterson 132320

Martin Ridel 150956

Eddie Thompson 150641

Robert Morrell 150588

Sam Johnson 099418

Pee Wee aveva stilato l’elenco e aveva suddiviso gli uomini in base all’area di provenienza indicata dalla prima parte della matricola che era stampata sia sul dietro che sul davanti delle maglie dell’uniforme.

– Bene! Visto che non parlate parlo prima io. – Disse mentre srotolava della garza adesiva presa in prestito dall’infermeria.

– Mi chiamo Richard Kirkland, ma chiamatemi Pee Wee come fa il mondo intero. Vengo da Harlem e sono dentro perché non pagavo le tasse. Lo zio Sam se ne fotte se fai milioni di dollari con la droga, ma se non paghi le tasse su quei milioni si incazza parecchio. – Disse Pee Wee, alzando il tono della voce proprio sulle ultime parole.

Tutti risero alla battuta.

Lui, con un pennarello scrisse il suo nome sulla garza e se lo appiccicò sul petto.

– Ecco, così invece del numero leggerete il nome che credo sia meglio. A turno scrivete il vostro e mettetevelo addosso così anche gli altri sapranno come vi chiamate. E lanciò il rotolo a Jack.

– Mentre fate conoscenza vi dico perché siamo qui. Chi ha giocato a Basket? – Chiese e si alzarono sei mani.

– Bene. Chi non ha mai toccato nemmeno una volta una palla? – Si alzarono due mani.

– Ok, quindi suppongo che gli altri due sappiano cosa sia il Basket. Ottimo. A scanso di equivoci, voglio dirvi che questo non sarà un gruppo ricreativo alternativo e nemmeno un ritrovo per femminucce… anche se gli insulti dei nostri colleghi sembrano suggerirlo. – Disse Pee Wee riferendosi all’epiteto “checche” che veniva fuori dalle finestre delle celle.

– Dei vostri gusti sessuali non me ne frega un cazzo. A me interessa vincere, specialmente quando si gioca a Basket. Parteciperemo ad un campionato che comporterà delle trasferte al di fuori di questo cesso, e adesso capite il perché della regola che vi ho detto prima. Io sono il responsabile di questa squadra, io decido chi gioca e chi no, io decido cosa farete per i prossimi nove mesi e vi assicuro fin da adesso che, ad un certo punto, preferirete che siano i nove mesi di una donna gravida. Io decido se uno è fuori o dentro la squadra perché noi, o meglio voi, mezze calzette, diventerete una squadra. – Disse guardando tutti negli occhi.

– Senti tu che parli tanto ma perché non prendi quel rotolo e te lo ficchi nel culo e ci lasci in pace? – Gli altri risero.

Qualcuno disse – Già! Lasciaci in pace… – E quello continuò. – Ma chi cazzo ti credi di essere? Io qua…, io là… ma tornatene in cella, fratello. Ho spaccato il culo a uomini veri non a fighette mingherline. Basket? Sai cosa significa? Non credo proprio. Lascia stare ragazzo.

Pee Wee lo guardò fisso. Robert Morrell era l’unico a non essersi attaccato il nome sulla maglia. C’era qualcosa che non quadrava. Non faceva lo spaccone solo per farlo.

– Dimmi Morrell hai qualcosa di meglio da fare? No perché se ce l’hai va, nessuno ti trattiene. Ma a parole vai parecchio forte. – E Pee Wee gli scagliò il pallone addosso.

Lui lo afferrò con una mano sola e Pee Wee sorrise, c’era pane per i suoi denti.

– Andiamo Morrell fammi vedere cosa significa il Basket te che sei un uomo… non avrai paura di… una fighetta mingherlina…. – Gli altri mugolarono e  Morrell rise.

-Volevo sfogarmi e me ne offri l’occasione, ma poi non piangere. – Robert si mosse palleggiando e si recò sotto il canestro. Pee Wee lo raggiunse e lui gli piantò la palla in petto. – Prima le signore…

Pee Wee tossì per la botta ricevuta. Morrell era alto quanto lui, ma decisamente più grosso. Pee Wee fintò il tiro e Richard rimase fermo, era troppo navigato per queste stupidaggini. Fintò a destra e partì a sinistra, ma Morrell gli soffiò il pallone con la mano prima che lo potesse poggiare a terra per palleggiare. Pee Wee rimase sbalordito.

Si mise a difendere preparandosi al peggio, ma non immaginava quale peggio. Morrell gli andava addosso con tutto il corpo. Si allontanava proteggendo il pallone e poi gli andava addosso colpendolo con la spalla. Il suo intento non era di passarlo ed andare a canestro, ma di abbatterlo. Di passargli sopra. Di fargli male. Pee Wee conosceva il tipo, aveva giocato con parecchi come lui, ma la muscolatura di Morrell non era comune. Quando colpiva era come se un masso enorme ti fosse arrivato addosso. La consistenza dei muscoli e delle ossa era identica.

Pee Wee intuì immediatamente che un tipo così difficilmente sarebbe sottostato a delle regole. Ma purtroppo per lui doveva soccombere perché Pee Wee poteva rinunciare a tutto tranne che alla sua libertà; la prigione si era già preso abbastanza della sua vita, quel cristone non avrebbe mai avuto il resto.

Alla terza spallata Pee Wee accusò il colpo. Quasi cadde e notò lo sguardo assassino sul volto di Morrell il quale si caricò per il colpo finale.

Se andava a terra e lui andava a canestro Pee Wee sapeva che sarebbe finita là, che non ci sarebbe stato diritto di replica.

Allora aspettò che arrivasse e poi accompagnò il colpo usando la gamba come il cardine di una porta. Morrell non trovò la resistenza giusta per la sua mossa e si sbilanciò in avanti. Evitò la figuraccia di andare lungo disteso solo grazie alla forza, fuori dal comune, delle sue gambe. Perse comunque il controllo del pallone e Pee Wee fu un fulmine a recuperarlo. Iniziò quindi a palleggiare ad una velocità inaudita. Si faceva passare la palla dietro la schiena e fra le gambe con dei movimenti fluidi e che ipnotizzavano l’avversario. Pee Wee avrebbe potuto tirare da lì e farla finita, ma non sarebbe bastato. Era una lotta, una prova di forza e lui la doveva vincere combattendo allo stesso livello anche per conquistare rispetto.

Morrell difendeva abbastanza bene per uno della sua stazza. Resisteva a i cambi di direzione con un’agilità insospettabile. Allora Pee Wee iniziò lo show.

Gli si buttava contro come aveva fatto lui in precedenza, imitandolo, ma allo stesso tempo simulando uno scontro con qualcosa di solido. Sembrava che rimbalzasse addosso all’avversario.

– Che hai Morrell? Perché non ti sei attaccato il nome sulla maglia? Pensavi di rovinarla? – E detto questo, senza mai smettere di palleggiare afferrò la maglia di Morrell tirandogliela fin sopra la testa con una velocità da serpente cobra. Gli altri risero. Morrell invece per paura che Pee Wee potesse andare a canestro si tolse la blusa rimanendo a torso nudo. Pee Wee era lì che palleggiava sorridendo.

– Uhhh anche lo spogliarello. Peccato tu sia un maschione, sono dentro da poco tempo, ancora mi fanno schifo. – Ancora risate. Pee Wee però notò che Morrell non aveva perso la calma: era palese che fosse abituato a cose del genere. Allora decise di fare sul serio. Fintò a destra e poi a sinistra; fece un passo indietro; poi uno in avanti e subito uno indietro. Morrell andò per prendergli il pallone e fece l’errore che Pee Wee aspettava: si sbilanciò. A quel punto Pee Wee fece una piroetta su sé stesso e partì a canestro lasciando il suo avversario fermo sul posto e schiacciò a due mani.

– Non sei male Morrell, davvero non sei male. Credo che potresti essere molto utile sempre che ti vada e che tu non abbia di meglio da fare. – Disse Pee Wee, alzando la mano per dargli il cinque.

Robert si era rimesso la maglia e rispose all’invito di Pee Wee battendogli la mano.

– Anche tu non sei male, quando cominciamo? Anche perché non credere di averla vinta così facilmente! – Disse Morrell in tono di sfida, ma ormai la pace era fatta e i ruoli stabiliti.

– Quando vuoi fratello. Da dove vieni? – Gli chiese incuriosito Pee Wee.

– Philadelphia. – Rispose Morrell

-Susquehanna?

– Sì, è casa mia. E sappi che lì ho accoltellato un tizio per molto meno di quello che mi hai fatto tu! – Disse Morrell e Pee Wee rise. Tornarono verso il gruppo che evidentemente si era divertito.

– Bene! – Esclamò Pee Wee. – Ora che abbiamo fatto le presentazioni, possiamo cominciare. Jack terrà il tempo. Mezz’ora di corsa e poi una partitella per vedere se siete tutti dei bugiardi come Morrell che diceva di non aver mai giocato, dai corriamo.

La cosa bella pensò Pee Wee era che ora tutti avevano uno scopo che avrebbe spezzato la monotonia delle giornate. Sì disse che giocare a Basket era meraviglioso e che era riuscito a coinvolgere tutti solamente con la magia di un canestro e un pallone.

 

Brano tratto dal mio nuovo romanzo Harlem .

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